Tango Patrimonio Intangibile della Umanità

Mi Buenos Aires querido
(Mia cara Buenos Aires)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Mi Buenos Aires querido

(Mia cara Buenos Aires)

 

Tango

 

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera

Música de / Musica di: Carlos Gardel

(1934)

 

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.
   
El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta[1], luminosa come un sol. la mia ragazza[2], splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña[3] del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón[4], e sento il lamento di un bandonion[5],
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore. 
   
Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

 

 

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.
   
La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada[6] más maleva[7] una canción Nella stradina[8] più malfamata[9] una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.
   
Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido [10]. non ci saranno più pene né oblio.
     

 

 

  • Storia

 

 

 

 

Composto appositamente per il film Cuesta abajo[11]. Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.

Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.

Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

 

 

 

 

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.

La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida[12], il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo[13], fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista. 

Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales[14] che partono da Plaza de Mayo[15] verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo[16], che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller[17]. La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda[18] è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur[19] è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora[20] ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.

L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.

Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio[21]. Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien[22]. Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.

Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas[23].

Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales“, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón[24], che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.

Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità.  Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.

Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.   

 

 

  • Biografie

 

Carlos Gardel

 

 

 

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.

Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño“, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] <<Pebeta>>: vocablo del lunfardo. Mujer joven. Querida. “Hoy salgo con mi pebeta” (ATHOS ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo, Grupo Editorial Planeta, Buenos Aires, 2002: página  372).

Lunfardo: argot primitivamente porteño, inicialmente hablado en el ambiente delincuencial y del bajo fondo, hoy parte importante del idioma nacional argentino.

<<Pebeta>>: vocabolo del “lunfardo“. Giovane donna. Amata. “Oggi esco con la mia pebeta (ragazza)”.

Lunfardo“: gergo originariamente degli abitanti di Buenos Aires (“porteños“), inizialmente parlato dalla malavita e nei bassifondi, oggi parte importante della lingua nazionale argentina.

[2] Vedi nota 1.

[3] Relativo a Buenos Aires.

[4] Del alemán Bandoneon, y este acrónimo de Heinrich Band (1821-1860), músico que lo inventó, Harmonika, armónica, y Akkordeon, acordeón. Variedad de acordeón, de forma hexagonal y escala cromática, muy popular en la Argentina.

[5] Dal tedesco Bandoneon, acronimo questo di Heinrich Band (1821-1860), musicista che lo inventò, Harmonika, armonica, e Akkordeon, fisarmonica. Varietà di fisarmonica, di forma esagonale e scala cromatica, molto popolare in Argentina.

[6] <<Cortada>>: lunfardo. Calle corta, de una o muy pocas cuadras. Generalmente, son angostas. En Buenos Aires existen muchas (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 155).

<<Cortada>>: lunfardo. Strada piccola, di uno o pochi isolati. In genere, sono strette. A Buenos Aires ne esistono molte.

[7] <<Malevo>>: lunfardo. Contracción de “malévolo”. Sujeto de avería (capaz de cometer cualquier acto criminal sin miramientos); maleante. Matón, pendenciero. Por extensión, guapo, valentón, taita. Del español “malévolo”: propenso e inclinado a hacer mal (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 304).

<<Malevo>>: lunfardo. Contrazione di “malevolo”. Soggetto di malaffare (capace di commettere qualsiasi tipo di delitto senza riguardi); malvivente. Bullo, attaccabrighe. Per estensione, spavaldo, spaccone, prepotente. Dallo spagnolo “malévolo”: propenso e incline a fare del mare.

[8] Vedi nota 6.

[9] Vedi nota 7.

[10] Las mejores letras de tango, “Antología de doscientas cincuenta letras, cada una con su historia”; selección, prólogo y notas de HÉCTOR ÁNGEL BENEDETTI, Editorial Planeta Argentina, Buenos Aires, 2000: páginas 28-29.

[11] <<Cuesta abajo>>: rotolando per la china.

[12] << (Calle) Florida>>: (via) fiorita.

[13] <<Avenida de Mayo>>: viale o corso di maggio.

[14] <<(Calle) diagonal>>: diagonale, via trasversale. Detto di una via o viale, che taglia obliquamente altre parallele tra loro.

[15] <<Plaza de Mayo>>: piazza di maggio.

[16] Il “Cabildo” (giunta municipale) di Buenos Aires, situato all’estremo ovest dell’antica Plaza Mayor e attuale Plaza de Mayo, è il luogo in cui il 25 maggio 1810 si svolsero i fatti (“Rivoluzione di maggio”) che portarono alla nascita della Nazione argentina. Benché rimpiccolite le sue due ali e molto modificato, il Cabildo è il simbolo più profondo dell’essere argentino (“argentinidad“). La domenica a mezzogiorno passano di fronte ad esso i granatieri di San Martín, in cammino per il cambio della guardia al “Padre della Patria”, il generale José de San Martín (1778-1850), nella vicina Cattedrale.

[17] Caffè letterario della Belle Époque, molto vicino a Plaza de Mayo, dove il grande poeta modernista del Nicaragua, Rubén Darío, scrisse una parte delle Prosas profanas. Il Royal Keller, all’angolo di Corrientes e Esmeralda, recupererà la sua clientela, raggiungendo l’apogeo della sua fama.

[18] <<Alameda>>: viale.

[19] <<Costanera Sur>>: costiera, lungomare sud.

[20] Lola Mora, scultrice di talento ed amica del generale Julio Argentino Roca, due volte presidente, ultimò all’inizio del ventesimo secolo la sua splendida fontana delle Nereidi, che il presidente fece collocare in un lato della Casa Rosada. Ma la nudità delle donne e le loro forme prosperose urtarono i “porteños” e le incantevoli Nereidi furono confinate nella Costanera Sur, di fronte allo stabilimento balneare, dove tuttora sono.

[21] <<Avenida 9 de Julio>>: viale 9 luglio.

[22]Dove oggi si erge quella che in altri tempi fu la città più popolosa dell’emisfero australe, è il posto definitivo scelto dal capitano biscaglino Juan de Garay en 1580. Ma in omaggio alla prima fondazione, fatta nel 1536 da Pedro de Mendoza, si eresse quest’obelisco di 67 metri in quello che è l’ombelico della metrop

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Mi Buenos Aires querido

(Mia cara Buenos Aires)

 

Tango

 

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera

Música de / Musica di: Carlos Gardel

(1934)

 

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.
   
El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta[1], luminosa come un sol. la mia ragazza[2], splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña[3] del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón[4], e sento il lamento di un bandonion[5],
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore. 
   
Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

 

 

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.
   
La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada[6] más maleva[7] una canción Nella stradina[8] più malfamata[9] una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.
   
Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido [10]. non ci saranno più pene né oblio.
     

 

 

  • Storia

 

 

 

 

Composto appositamente per il film Cuesta abajo[11]. Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.

Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.

Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

 

 

 

 

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.

La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida[12], il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo[13], fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista. 

Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales[14] che partono da Plaza de Mayo[15] verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo[16], che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller[17]. La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda[18] è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur[19] è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora[20] ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.

L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.

Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio[21]. Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien[22]. Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.

Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas[23].

Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales“, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón[24], che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.

Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità.  Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.

Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.   

 

 

  • Biografie

 

Carlos Gardel

 

 

 

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.

Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño“, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] <<Pebeta>>: vocablo del lunfardo. Mujer joven. Querida. “Hoy salgo con mi pebeta” (ATHOS ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo, Grupo Editorial Planeta, Buenos Aires, 2002: página  372).

Lunfardo: argot primitivamente porteño, inicialmente hablado en el ambiente delincuencial y del bajo fondo, hoy parte importante del idioma nacional argentino.

<<Pebeta>>: vocabolo del “lunfardo“. Giovane donna. Amata. “Oggi esco con la mia pebeta (ragazza)”.

Lunfardo“: gergo originariamente degli abitanti di Buenos Aires (“porteños“), inizialmente parlato dalla malavita e nei bassifondi, oggi parte importante della lingua nazionale argentina.

[2] Vedi nota 1.

[3] Relativo a Buenos Aires.

[4] Del alemán Bandoneon, y este acrónimo de Heinrich Band (1821-1860), músico que lo inventó, Harmonika, armónica, y Akkordeon, acordeón. Variedad de acordeón, de forma hexagonal y escala cromática, muy popular en la Argentina.

[5] Dal tedesco Bandoneon, acronimo questo di Heinrich Band (1821-1860), musicista che lo inventò, Harmonika, armonica, e Akkordeon, fisarmonica. Varietà di fisarmonica, di forma esagonale e scala cromatica, molto popolare in Argentina.

[6] <<Cortada>>: lunfardo. Calle corta, de una o muy pocas cuadras. Generalmente, son angostas. En Buenos Aires existen muchas (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 155).

<<Cortada>>: lunfardo. Strada piccola, di uno o pochi isolati. In genere, sono strette. A Buenos Aires ne esistono molte.

[7] <<Malevo>>: lunfardo. Contracción de “malévolo”. Sujeto de avería (capaz de cometer cualquier acto criminal sin miramientos); maleante. Matón, pendenciero. Por extensión, guapo, valentón, taita. Del español “malévolo”: propenso e inclinado a hacer mal (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 304).

<<Malevo>>: lunfardo. Contrazione di “malevolo”. Soggetto di malaffare (capace di commettere qualsiasi tipo di delitto senza riguardi); malvivente. Bullo, attaccabrighe. Per estensione, spavaldo, spaccone, prepotente. Dallo spagnolo “malévolo”: propenso e incline a fare del mare.

[8] Vedi nota 6.

[9] Vedi nota 7.

[10] Las mejores letras de tango, “Antología de doscientas cincuenta letras, cada una con su historia”; selección, prólogo y notas de HÉCTOR ÁNGEL BENEDETTI, Editorial Planeta Argentina, Buenos Aires, 2000: páginas 28-29.

[11] <<Cuesta abajo>>: rotolando per la china.

[12] << (Calle) Florida>>: (via) fiorita.

[13] <<Avenida de Mayo>>: viale o corso di maggio.

[14] <<(Calle) diagonal>>: diagonale, via trasversale. Detto di una via o viale, che taglia obliquamente altre parallele tra loro.

[15] <<Plaza de Mayo>>: piazza di maggio.

[16] Il “Cabildo” (giunta municipale) di Buenos Aires, situato all’estremo ovest dell’antica Plaza Mayor e attuale Plaza de Mayo, è il luogo in cui il 25 maggio 1810 si svolsero i fatti (“Rivoluzione di maggio”) che portarono alla nascita della Nazione argentina. Benché rimpiccolite le sue due ali e molto modificato, il Cabildo è il simbolo più profondo dell’essere argentino (“argentinidad“). La domenica a mezzogiorno passano di fronte ad esso i granatieri di San Martín, in cammino per il cambio della guardia al “Padre della Patria”, il generale José de San Martín (1778-1850), nella vicina Cattedrale.

[17] Caffè letterario della Belle Époque, molto vicino a Plaza de Mayo, dove il grande poeta modernista del Nicaragua, Rubén Darío, scrisse una parte delle Prosas profanas. Il Royal Keller, all’angolo di Corrientes e Esmeralda, recupererà la sua clientela, raggiungendo l’apogeo della sua fama.

[18] <<Alameda>>: viale.

[19] <<Costanera Sur>>: costiera, lungomare sud.

[20] Lola Mora, scultrice di talento ed amica del generale Julio Argentino Roca, due volte presidente, ultimò all’inizio del ventesimo secolo la sua splendida fontana delle Nereidi, che il presidente fece collocare in un lato della Casa Rosada. Ma la nudità delle donne e le loro forme prosperose urtarono i “porteños” e le incantevoli Nereidi furono confinate nella Costanera Sur, di fronte allo stabilimento balneare, dove tuttora sono.

[21] <<Avenida 9 de Julio>>: viale 9 luglio.

[22] Dove oggi si erge quella che in altri tempi fu la città più popolosa dell’emisfero australe, è il posto definitivo scelto dal capitano biscaglino Juan de Garay en 1580. Ma in omaggio alla prima fondazione, fatta nel 1536 da Pedro de Mendoza, si eresse quest’obelisco di 67 metri in quello che è l’ombelico della metropoli, l’incrocio tra i viali Corrientes e 9 de Julio.

[23] Justo José de Urquiza, caudillo di Entre Rios che sconfisse il dittatore Juan Manuel de Rosas nella battaglia di Caseros nel 1852, costringendolo ad abbandonare il governo della provincia di Buenos Aires ed esiliarsi in Inghilterra. Urquiza fu il primo presidente della Confederazione argentina, dopo essere stata approvata la Costituzione del 1853.

[24] <<Paseo Colón>>: viale o corso Colombo.

oli, l’incrocio tra i viali Corrientes e 9 de Julio.

[23] Justo José de Urquiza, caudillo di Entre Rios che sconfisse il dittatore Juan Manuel de Rosas nella battaglia di Caseros nel 1852, costringendolo ad abbandonare il governo della provincia di Buenos Aires ed esiliarsi in Inghilterra. Urquiza fu il primo presidente della Confederazione argentina, dopo essere stata approvata la Costituzione del 1853.

[24] <<Paseo Colón>>: viale o corso Colombo.

Tango

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera
Música de / Musica di: Carlos Gardel
(1934)

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.

El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta , luminosa come un sol. la mia ragazza , splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón , e sento il lamento di un bandonion ,
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore.

Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.

La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada más maleva una canción Nella stradina più malfamata una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido . non ci saranno più pene né oblio.

• Storia

Composto appositamente per il film Cuesta abajo . Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.
Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.
Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.
La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida , il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo , fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista.
Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales” che partono da Plaza de Mayo verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo , che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller . La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.
L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.
Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio . Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien . Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.
Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas .
Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales”, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón , che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.
Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità. Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.
Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.

• Biografie

Carlos Gardel

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.
Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño”, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

Mi Buenos Aires querido
(Mia cara Buenos Aires)

Tango

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera
Música de / Musica di: Carlos Gardel
(1934)

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.

El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta , luminosa come un sol. la mia ragazza , splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón , e sento il lamento di un bandonion ,
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore.

Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.

La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada más maleva una canción Nella stradina più malfamata una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido . non ci saranno più pene né oblio.

• Storia

Composto appositamente per il film Cuesta abajo . Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.
Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.
Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.
La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida , il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo , fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista.
Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales” che partono da Plaza de Mayo verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo , che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller . La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.
L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.
Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio . Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien . Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.
Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas .
Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales”, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón , che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.
Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità. Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.
Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.

• Biografie

Carlos Gardel

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.
Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño”, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

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