Tango Patrimonio Intangibile della Umanità

Mi Buenos Aires querido
(Mia cara Buenos Aires)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Mi Buenos Aires querido

(Mia cara Buenos Aires)

 

Tango

 

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera

Música de / Musica di: Carlos Gardel

(1934)

 

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.
   
El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta[1], luminosa come un sol. la mia ragazza[2], splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña[3] del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón[4], e sento il lamento di un bandonion[5],
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore. 
   
Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

 

 

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.
   
La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada[6] más maleva[7] una canción Nella stradina[8] più malfamata[9] una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.
   
Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido [10]. non ci saranno più pene né oblio.
     

 

 

  • Storia

 

 

 

 

Composto appositamente per il film Cuesta abajo[11]. Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.

Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.

Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

 

 

 

 

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.

La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida[12], il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo[13], fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista. 

Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales[14] che partono da Plaza de Mayo[15] verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo[16], che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller[17]. La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda[18] è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur[19] è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora[20] ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.

L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.

Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio[21]. Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien[22]. Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.

Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas[23].

Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales“, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón[24], che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.

Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità.  Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.

Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.   

 

 

  • Biografie

 

Carlos Gardel

 

 

 

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.

Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño“, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] <<Pebeta>>: vocablo del lunfardo. Mujer joven. Querida. “Hoy salgo con mi pebeta” (ATHOS ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo, Grupo Editorial Planeta, Buenos Aires, 2002: página  372).

Lunfardo: argot primitivamente porteño, inicialmente hablado en el ambiente delincuencial y del bajo fondo, hoy parte importante del idioma nacional argentino.

<<Pebeta>>: vocabolo del “lunfardo“. Giovane donna. Amata. “Oggi esco con la mia pebeta (ragazza)”.

Lunfardo“: gergo originariamente degli abitanti di Buenos Aires (“porteños“), inizialmente parlato dalla malavita e nei bassifondi, oggi parte importante della lingua nazionale argentina.

[2] Vedi nota 1.

[3] Relativo a Buenos Aires.

[4] Del alemán Bandoneon, y este acrónimo de Heinrich Band (1821-1860), músico que lo inventó, Harmonika, armónica, y Akkordeon, acordeón. Variedad de acordeón, de forma hexagonal y escala cromática, muy popular en la Argentina.

[5] Dal tedesco Bandoneon, acronimo questo di Heinrich Band (1821-1860), musicista che lo inventò, Harmonika, armonica, e Akkordeon, fisarmonica. Varietà di fisarmonica, di forma esagonale e scala cromatica, molto popolare in Argentina.

[6] <<Cortada>>: lunfardo. Calle corta, de una o muy pocas cuadras. Generalmente, son angostas. En Buenos Aires existen muchas (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 155).

<<Cortada>>: lunfardo. Strada piccola, di uno o pochi isolati. In genere, sono strette. A Buenos Aires ne esistono molte.

[7] <<Malevo>>: lunfardo. Contracción de “malévolo”. Sujeto de avería (capaz de cometer cualquier acto criminal sin miramientos); maleante. Matón, pendenciero. Por extensión, guapo, valentón, taita. Del español “malévolo”: propenso e inclinado a hacer mal (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 304).

<<Malevo>>: lunfardo. Contrazione di “malevolo”. Soggetto di malaffare (capace di commettere qualsiasi tipo di delitto senza riguardi); malvivente. Bullo, attaccabrighe. Per estensione, spavaldo, spaccone, prepotente. Dallo spagnolo “malévolo”: propenso e incline a fare del mare.

[8] Vedi nota 6.

[9] Vedi nota 7.

[10] Las mejores letras de tango, “Antología de doscientas cincuenta letras, cada una con su historia”; selección, prólogo y notas de HÉCTOR ÁNGEL BENEDETTI, Editorial Planeta Argentina, Buenos Aires, 2000: páginas 28-29.

[11] <<Cuesta abajo>>: rotolando per la china.

[12] << (Calle) Florida>>: (via) fiorita.

[13] <<Avenida de Mayo>>: viale o corso di maggio.

[14] <<(Calle) diagonal>>: diagonale, via trasversale. Detto di una via o viale, che taglia obliquamente altre parallele tra loro.

[15] <<Plaza de Mayo>>: piazza di maggio.

[16] Il “Cabildo” (giunta municipale) di Buenos Aires, situato all’estremo ovest dell’antica Plaza Mayor e attuale Plaza de Mayo, è il luogo in cui il 25 maggio 1810 si svolsero i fatti (“Rivoluzione di maggio”) che portarono alla nascita della Nazione argentina. Benché rimpiccolite le sue due ali e molto modificato, il Cabildo è il simbolo più profondo dell’essere argentino (“argentinidad“). La domenica a mezzogiorno passano di fronte ad esso i granatieri di San Martín, in cammino per il cambio della guardia al “Padre della Patria”, il generale José de San Martín (1778-1850), nella vicina Cattedrale.

[17] Caffè letterario della Belle Époque, molto vicino a Plaza de Mayo, dove il grande poeta modernista del Nicaragua, Rubén Darío, scrisse una parte delle Prosas profanas. Il Royal Keller, all’angolo di Corrientes e Esmeralda, recupererà la sua clientela, raggiungendo l’apogeo della sua fama.

[18] <<Alameda>>: viale.

[19] <<Costanera Sur>>: costiera, lungomare sud.

[20] Lola Mora, scultrice di talento ed amica del generale Julio Argentino Roca, due volte presidente, ultimò all’inizio del ventesimo secolo la sua splendida fontana delle Nereidi, che il presidente fece collocare in un lato della Casa Rosada. Ma la nudità delle donne e le loro forme prosperose urtarono i “porteños” e le incantevoli Nereidi furono confinate nella Costanera Sur, di fronte allo stabilimento balneare, dove tuttora sono.

[21] <<Avenida 9 de Julio>>: viale 9 luglio.

[22]Dove oggi si erge quella che in altri tempi fu la città più popolosa dell’emisfero australe, è il posto definitivo scelto dal capitano biscaglino Juan de Garay en 1580. Ma in omaggio alla prima fondazione, fatta nel 1536 da Pedro de Mendoza, si eresse quest’obelisco di 67 metri in quello che è l’ombelico della metrop

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Mi Buenos Aires querido

(Mia cara Buenos Aires)

 

Tango

 

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera

Música de / Musica di: Carlos Gardel

(1934)

 

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.
   
El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta[1], luminosa come un sol. la mia ragazza[2], splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña[3] del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón[4], e sento il lamento di un bandonion[5],
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore. 
   
Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

 

 

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.
   
La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada[6] más maleva[7] una canción Nella stradina[8] più malfamata[9] una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.
   
Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido [10]. non ci saranno più pene né oblio.
     

 

 

  • Storia

 

 

 

 

Composto appositamente per il film Cuesta abajo[11]. Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.

Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.

Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

 

 

 

 

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.

La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida[12], il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo[13], fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista. 

Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales[14] che partono da Plaza de Mayo[15] verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo[16], che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller[17]. La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda[18] è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur[19] è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora[20] ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.

L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.

Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio[21]. Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien[22]. Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.

Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas[23].

Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales“, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón[24], che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.

Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità.  Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.

Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.   

 

 

  • Biografie

 

Carlos Gardel

 

 

 

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.

Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño“, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] <<Pebeta>>: vocablo del lunfardo. Mujer joven. Querida. “Hoy salgo con mi pebeta” (ATHOS ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo, Grupo Editorial Planeta, Buenos Aires, 2002: página  372).

Lunfardo: argot primitivamente porteño, inicialmente hablado en el ambiente delincuencial y del bajo fondo, hoy parte importante del idioma nacional argentino.

<<Pebeta>>: vocabolo del “lunfardo“. Giovane donna. Amata. “Oggi esco con la mia pebeta (ragazza)”.

Lunfardo“: gergo originariamente degli abitanti di Buenos Aires (“porteños“), inizialmente parlato dalla malavita e nei bassifondi, oggi parte importante della lingua nazionale argentina.

[2] Vedi nota 1.

[3] Relativo a Buenos Aires.

[4] Del alemán Bandoneon, y este acrónimo de Heinrich Band (1821-1860), músico que lo inventó, Harmonika, armónica, y Akkordeon, acordeón. Variedad de acordeón, de forma hexagonal y escala cromática, muy popular en la Argentina.

[5] Dal tedesco Bandoneon, acronimo questo di Heinrich Band (1821-1860), musicista che lo inventò, Harmonika, armonica, e Akkordeon, fisarmonica. Varietà di fisarmonica, di forma esagonale e scala cromatica, molto popolare in Argentina.

[6] <<Cortada>>: lunfardo. Calle corta, de una o muy pocas cuadras. Generalmente, son angostas. En Buenos Aires existen muchas (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 155).

<<Cortada>>: lunfardo. Strada piccola, di uno o pochi isolati. In genere, sono strette. A Buenos Aires ne esistono molte.

[7] <<Malevo>>: lunfardo. Contracción de “malévolo”. Sujeto de avería (capaz de cometer cualquier acto criminal sin miramientos); maleante. Matón, pendenciero. Por extensión, guapo, valentón, taita. Del español “malévolo”: propenso e inclinado a hacer mal (ESPíNDOLA, Diccionario del lunfardo: página 304).

<<Malevo>>: lunfardo. Contrazione di “malevolo”. Soggetto di malaffare (capace di commettere qualsiasi tipo di delitto senza riguardi); malvivente. Bullo, attaccabrighe. Per estensione, spavaldo, spaccone, prepotente. Dallo spagnolo “malévolo”: propenso e incline a fare del mare.

[8] Vedi nota 6.

[9] Vedi nota 7.

[10] Las mejores letras de tango, “Antología de doscientas cincuenta letras, cada una con su historia”; selección, prólogo y notas de HÉCTOR ÁNGEL BENEDETTI, Editorial Planeta Argentina, Buenos Aires, 2000: páginas 28-29.

[11] <<Cuesta abajo>>: rotolando per la china.

[12] << (Calle) Florida>>: (via) fiorita.

[13] <<Avenida de Mayo>>: viale o corso di maggio.

[14] <<(Calle) diagonal>>: diagonale, via trasversale. Detto di una via o viale, che taglia obliquamente altre parallele tra loro.

[15] <<Plaza de Mayo>>: piazza di maggio.

[16] Il “Cabildo” (giunta municipale) di Buenos Aires, situato all’estremo ovest dell’antica Plaza Mayor e attuale Plaza de Mayo, è il luogo in cui il 25 maggio 1810 si svolsero i fatti (“Rivoluzione di maggio”) che portarono alla nascita della Nazione argentina. Benché rimpiccolite le sue due ali e molto modificato, il Cabildo è il simbolo più profondo dell’essere argentino (“argentinidad“). La domenica a mezzogiorno passano di fronte ad esso i granatieri di San Martín, in cammino per il cambio della guardia al “Padre della Patria”, il generale José de San Martín (1778-1850), nella vicina Cattedrale.

[17] Caffè letterario della Belle Époque, molto vicino a Plaza de Mayo, dove il grande poeta modernista del Nicaragua, Rubén Darío, scrisse una parte delle Prosas profanas. Il Royal Keller, all’angolo di Corrientes e Esmeralda, recupererà la sua clientela, raggiungendo l’apogeo della sua fama.

[18] <<Alameda>>: viale.

[19] <<Costanera Sur>>: costiera, lungomare sud.

[20] Lola Mora, scultrice di talento ed amica del generale Julio Argentino Roca, due volte presidente, ultimò all’inizio del ventesimo secolo la sua splendida fontana delle Nereidi, che il presidente fece collocare in un lato della Casa Rosada. Ma la nudità delle donne e le loro forme prosperose urtarono i “porteños” e le incantevoli Nereidi furono confinate nella Costanera Sur, di fronte allo stabilimento balneare, dove tuttora sono.

[21] <<Avenida 9 de Julio>>: viale 9 luglio.

[22] Dove oggi si erge quella che in altri tempi fu la città più popolosa dell’emisfero australe, è il posto definitivo scelto dal capitano biscaglino Juan de Garay en 1580. Ma in omaggio alla prima fondazione, fatta nel 1536 da Pedro de Mendoza, si eresse quest’obelisco di 67 metri in quello che è l’ombelico della metropoli, l’incrocio tra i viali Corrientes e 9 de Julio.

[23] Justo José de Urquiza, caudillo di Entre Rios che sconfisse il dittatore Juan Manuel de Rosas nella battaglia di Caseros nel 1852, costringendolo ad abbandonare il governo della provincia di Buenos Aires ed esiliarsi in Inghilterra. Urquiza fu il primo presidente della Confederazione argentina, dopo essere stata approvata la Costituzione del 1853.

[24] <<Paseo Colón>>: viale o corso Colombo.

oli, l’incrocio tra i viali Corrientes e 9 de Julio.

[23] Justo José de Urquiza, caudillo di Entre Rios che sconfisse il dittatore Juan Manuel de Rosas nella battaglia di Caseros nel 1852, costringendolo ad abbandonare il governo della provincia di Buenos Aires ed esiliarsi in Inghilterra. Urquiza fu il primo presidente della Confederazione argentina, dopo essere stata approvata la Costituzione del 1853.

[24] <<Paseo Colón>>: viale o corso Colombo.

Tango

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera
Música de / Musica di: Carlos Gardel
(1934)

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.

El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta , luminosa come un sol. la mia ragazza , splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón , e sento il lamento di un bandonion ,
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore.

Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.

La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada más maleva una canción Nella stradina più malfamata una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido . non ci saranno più pene né oblio.

• Storia

Composto appositamente per il film Cuesta abajo . Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.
Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.
Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.
La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida , il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo , fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista.
Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales” che partono da Plaza de Mayo verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo , che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller . La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.
L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.
Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio . Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien . Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.
Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas .
Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales”, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón , che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.
Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità. Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.
Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.

• Biografie

Carlos Gardel

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.
Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño”, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

Mi Buenos Aires querido
(Mia cara Buenos Aires)

Tango

Letra de / Parole di: Alfredo Le Pera
Música de / Musica di: Carlos Gardel
(1934)

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido. non ci saranno più pene né oblio.

El farolito de la calle en que nací Il piccolo lampione della strada in cui nacqui
fue centinela de mis promesas de amor; fu sentinella delle mie promesse di amore;
bajo su quieta lucecita yo la vi sotto la sua quieta fievole luce io la vidi
a mi pebeta , luminosa come un sol. la mia ragazza , splendida come il sole.
Hoy, que la suerte quiere que te vuelva a ver, Oggi, che il destino vuole che io ti riveda,
ciudad porteña de mi único querer, città porteña del mio unico amore,
y oigo la queja de un bandoneón , e sento il lamento di un bandonion ,
dentro del pecho pide rienda el corazón. dentro il petto chiede tregua il cuore.

Mi Buenos Aires, Mia Buenos Aires,
tierra querida, terra cara,
donde mi vida dove la mia vita
terminaré. finirò.
Bajo tu amparo Al tuo riparo
no hay desengaños, non ci sono delusioni,
vuelan años, volano gli anni,
se olvida el dolor… si dimentica il dolore…

En caravana Come una carovana,
los recuerdos pasan passano i ricordi
con una estela con una scia
dulce de emoción. dolce di emozione.
Quiero que sepas Voglio che tu sappia
que al evocarte che al solo ricordarti,
se van las penas se ne va la tristezza
del corazón. dal cuore.

La ventanilla de mi calle de arrabal La piccola finestra nella mia strada di periferia
donde sonríe una muchachita en flor; dove sorride una ragazzina in fiore;
quiero de nuevo yo volver a contemplar desidero ancora tornare a contemplare
aquellos ojos que acarician al mirar. quegli occhi che guardando accarezzano.
En la cortada más maleva una canción Nella stradina più malfamata una canzone,
dice su ruego de coraje y de pasión recita la sua preghiera di coraggio e di passione.
Una promesa y un suspirar Una promessa e un sospiro
borró una lagrima de pena aquel cantar. e quel canto cancellò una lacrima di pena.

Mi Buenos Aires querido, Mia cara Buenos Aires,
cuando yo te vuelva a ver quando io ti rivedrò
no habrá más penas ni olvido . non ci saranno più pene né oblio.

• Storia

Composto appositamente per il film Cuesta abajo . Lo diresse Louis Gasnier per la società Paramount Pictures, con studi in Long Island (New York). Fu proiettato per la prima volta a Buenos Aires il 5 settembre 1934 al Cinema Monumental, occasione in cui gli abitanti della città poterono vedere Gardel recitare insieme con Mona Maris, Vicente Padula, Anita del Campillo, Manuel Peluffo, Carlos Spaventa, Jaime Devesa e lo stesso Alfredo Le Pera.
Accompagnava Gardel nel film l’orchestra di Alberto Castellanos; per il disco, invece, lo fece quella di Terig Tucci (Victor, New York, 30 luglio 1934). Molto tempo dopo, la società Odeón lo mise in vendita in un disco che conteneva la scena precedente il canto, presa direttamente dalla banda sonora. Del 1934 è pure l’incisione di Francisco Canaro e la sua orchestra tipica con la voce di Carlos Galán (19 settembre, Odeón). Esiste un raro disco della Victor con l’orchestra di Alberto Soifer, che in un lato lo ha in tempo di tango (canta Roberto Quiroga), e nell’altro lato in tempo di valzer (strumentale). Le due registrazioni furono fatte il 19 agosto 1942.
Il poeta Juan Gelman scrisse un tango omonimo nel 1962, con musiche di Juan Carlos Tata Cedrón.

Buenos Aires è diventata una grande metropoli moderna, con i suoi contrasti, la sua animazione, la sua popolazione mischiata e la sua vita notturna. Le strade si trasformano. Continuano a esserci carrozze trainate da cavalli – saranno soppresse soltanto all’inizio del decennio del 1950 -, ma fanno la loro apparizione le automobili. Ford, Hudson, Chevrolet, Hispano o Mercedes Benz fendono le vie del centro e, per mettere ordine alla circolazione, sono ora necessari agenti, innalzati su garitte agli angoli della strada. Gli oligarchi girano in automobile; i trasporti pubblici sono motorizzati e gli autobus, gli “imperiali” di due piani e i taxi collettivi – antenati dei tipici autobus di Buenos Aires – rendono caotico il traffico. Infine, una linea di metropolitana, presto seguita da altre tre, completa la rete urbana.
La città, così piatta da secoli, acquisisce altezza. Dopo la massiccia galleria Güemes, su Florida , il Palazzo Barolo, sulla Avenida de Mayo , fa sensazione con i suoi cento metri di altezza. L’edificio, cinto da una torre e una cupola, è il primo grattacielo di Buenos Aires. I suoi undici ascensori e la sua lanterna illuminata da trecento candele, nell’alto della cupola, gli danno un aspetto da Chicago. Insieme con il desiderio di trasformare Buenos Aires in una città verticale – cosa che non sarà mai ottenuta totalmente -, diventa di moda uno stile neocoloniale. Le due più belle opere sono il Museo Fernández Blanco e il Teatro Cervantes, la cui facciata s’inspira a quella dell’Università di Alcalá de Henares. False case coloniali con giardini nascosti dietro i muri, che profumano il marciapiede con un odore di gelsomino, sono costruite dalle famiglie abbienti. Questo stile sarà adottato in una forma più semplificata per la costruzione di un quartiere operaio nella nuova Ciudad Evita, durante il governo di peronista.
Il centro continua a trasformarsi con l’apertura di due “diagonales” che partono da Plaza de Mayo verso il nord e il sud. Ciò porta via una parte del Cabildo , che nell’occasione perde diverse arcate. Così amputato, pare molto modesto e le sue piccoli proporzioni mettono di più in risalto l’eleganza delle nuove costruzioni, segnando l’abisso che separa la città coloniale posta nell’oblio dalla trionfante modernità. La Diagonal Norte spazza via nel suo solco l’Aue’s Keller . La città si dota di un viale costiero degno di tale nome, dato che la vecchia Alameda è diventato un viale con molto traffico, lontano dal fiume, che i lavori del porto hanno spostato di quasi un chilometro. La Costanera Sur è un viale pieno di incanto, con le sue pergole e le sue scale che scendono alla spiaggia. Per un certo periodo, la capitale recupera il suo fiume. Le Nereidi di Lola Mora ormai non spaventano i bagnanti in costume di due pezzi, che si accalcano nello stabilimento balneare non appena iniziano i primi caldi dell’estate, nonostante le torbide acque, il cui colore è paragonato al pelame di un leone. Il viale si anima in occasione del Carnevale e le sfilate di gauchos, i “Vestigi della pampa”, sono sempre approvati all’unanimità. Ci sono chioschi di bibite e soprattutto un caffè Munich molto frequentato all’ora di uscita dagli spettacoli.
L’architetto svizzero Charles-Édouard Jeanneret, chiamato Le Corbuiser, che giunse nella capitale argentina per tenere un ciclo di dieci conferenze, pure resta incuriosito dal fiume dalle “onde rose”, ma la città gli pare inumana e propone di trasformarla da cima a fondo. Sogna grattacieli di 200 metri, giardini sospesi e autostrade sopra pali di fondazione che sorvolano gli alberi. Alla fine del decennio del 1920, l’ultima traccia di un’epoca caduca scompare. Il ruscello Maldonado, che tagliava in due Buenos Aires, è intubato in forma sotterranea dall’Avenida Juan B. Justo.
Nel 1936, passata la Grande Depressione, inizia una ripresa economica e il presidente, il generale Agustín P. Justo, può festeggiare il quarto centenario della fondazione di Buenos Aires da parte di Pedro de Mendoza. È l’occasione per finire o continuare i lavori di ristrutturazione del centro. Per marcare quell’anniversario, si demolisce una parte del perimetro disegnato da Juan de Garay nel 1850 e si apre “il viale più largo del mondo”, la Avenida 9 de Julio . Quest’operazione simbolica è anche l’occasione per festeggiare una terza fondazione, quella dell’Indipendenza delle Province Unite del Rio de la Plata, proclamata il 9 luglio 1816. Vecchie strade di postriboli e balere sono rase al suolo per aprire la 9 de Julio. All’incrocio con Corrientes, che fu allargata, un obelisco dedicato alla gloria di Pedro de Mendoza segna il nuovo centro della città, nel cuore di strade ancora animate e bohemien . Quell’immenso monumento continua a simboleggiare Buenos Aires: inscindibile dalla città, accompagna inevitabilmente nell’iconografa popolare il sorriso raggiante di Carlos Gardel, il grande cantante di tangos che era morto alcuni mesi prima.
Alcuni grattacieli danno all’insieme un’aria “americana”, con alcune note bizzarre, come quel villino svizzero costruito sulla terrazza di un dodicesimo piano, che rende concreto il sogno di tutti: una casetta singola che domina Corrientes. Più lontano, “il viale più largo del mondo” taglia “la strada più lunga”, l’interminabile Rivadavia, vecchia rotta coloniale dell’Alto Perù che si estende fino a Morón, urbanizzando così il campo di battaglia di Caseros, dove il generale Urquiza sconfisse Rosas .
Il Palazzo Barolo non ha più il privilegio di essere l’edificio più alto di Buenos Aires. Sulla Plaza San Martin si costruisce l’edificio Kavanagh. Con i suoi trenta piani, i suoi 120 metri, il suo volume scaglionato e la sua posizione che domina il parco, il grattacielo è degno di quelli di Chicago e non sfigura per la vicinanza dei palazzi alla francese né per quel Big Ben porteño che è la Torre degli Inglesi. Più in là della stazione di Retiro, il parco di divertimenti riunisce un insieme di gente che affascina gli ultimi bohemien. Le “diagonales”, la cui architettura monumentale non lascia di ricordare le costruzioni mussoliniane, finalmente sono ultimate. Soprattutto, la Facoltà di Giurisprudenza, nella parte bassa della Recoleta e, più tardi, la Fondazione Eva Perón, in Paseo Colón , che esibiscono linee classiche un po’ pesanti, ma salvate dalla predominanza del verde intorno.
Esistono ancora pensioni misere nelle strade del centro; sono attigue ai caffè, alle librerie, i teatri e i cinema, che rappresentano la grande novità. Molte sale furono costruite nel centro e un pezzo della via Lavalle è dedicata alla settima arte. Il sabato sera, all’uscita dal cinema, bisogna lasciarsi trascinare dalla folla fino a trovare una via di uscita. Su Corrientes, già ricca di teatri e cabaret, si aprono due sale immense: l’Ópera, il cui atrio è in marmo e la sala, decorata come un palazzo hollywoodiano, è coperta da una cupola a stella, e di fronte il suo rivale il Gran Rex. In tutti i quartieri ci sono cinema, che proiettano fino a quattro film di continuo e che fanno la gioia dei porteños.
Como in ogni parte, le star di Hollywood affascinano le folle. Ma nella decade del 1930, l’industria cinematografica argentina è la più importante di tutti i paesi di idioma spagnola. I registi Mario Soffici e Lucas Demare girano su temi sociali o storici. All’inizio del decennio del 1940, la bellezza di Zully Moreno non avrà nulla da invidiare alle più splendide star americane.

• Biografie

Carlos Gardel

La storia ufficiale fissa la nascita di Carlos Gardel a Tolosa, in Francia, l’11 dicembre del 1890 (altre versioni indicano la sua nascita a Tacuarembó, in Uruguay). Iniziò cantando temi creoli, dapprima come solista e poi in duo, ma la sua gran consacrazione arrivò allorché divenne il creatore del tango-canzone. I sui viaggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti, dove interpretò i suoi film più diffusi, contribuirono a dargli fama internazionale.
Il 24 giugno 1935, nell’aeroporto colombiano di Medellìn, all’età di 44 anni, Carlos Gardel muore. L’aereo che si prepara a decollare e nel quale il cantante viaggia, si schianta con un altro apparecchio che gli sbarra la pista. Nell’incidente muore anche Alfredo Le Pera, paroliere delle sue canzoni. Il popolare artista, mito del popolo argentino, figura per antonomasia del tango-canzone e modello dell’essere “porteño”, era riuscito ad aprire nuovi ambiti per il tango in Europa e negli Stati Uniti. Il suo mito cresce nel tempo.

Mini master sull’ Argentina

Lettera Informativa ottobre 2012 X

 MINIMASTER  della Camera di Commercio Italo - Argentina CaCIA

“Come superare la crisi: strategie e strumenti per affrontare i mercati latino-americani Focus Argentina”

Il 19 ottobre è stato inaugurato a Salerno il Mini Master della CaCIA sul tema in oggetto.

Il Mini Master come è stato modestamente denominato, si svilupperà in quattro giornate che termineranno il 9 novembre con la consegna dei diplomi ai partecipanti.

Il primo intervento del Mini Master è stato di Giorgio De Lorenzi che ha ripercorso la storia argentina e dei suoi rapporti con l’ Italia fino ai giorni nostri

Il Mini Master, a pagamento, è stato seguito da oltre 50 persone – neolaureati, professionisti, dirigenti, funzionari pubblici – confermando l’ interesse nei confronti dell’ Argentina ela  ottima capacità aggregativa e organizzativa della CaCIA, della sua sede di Salerno e del suo Segretario Generale Carlo Spagnoli.

Scarica qui la brochure.

Società Italia Argentina

R A Raul Alfonsin

 

 

In Onore di un Presidente

 

 

R. A. Raul Alfonsìn Repubblica Argentina

 

 

Nelle iniziali del suo nome vi era già  il suo destino : la Repubblica Argentina, la casa di tutti. Così disse nella drammatica Pasqua del 1987 per annunciare al popolo la fine del tentato golpe dei militari infedeli e assassini : la casa è in ordine…la casa di tutti appunto,  la Repubblica.

Per capire l’importanza della presidenza di Alfonsìn bisogna ricordare il decennio che la precedette 1973 -1983, vera decade infame*, da Lopez Rega a Galtieri, dagli squadroni della morte alla guerra con l’Inghilterra – alla quale RA si oppose tra i pochi, dalle torture e massacri, all’iperinflazione, il paese che ereditava era annichilito, frustrato , distrutto moralmente, socialmente, economicamente e in campo internazionale :  siete fuori dal contesto civile tuonò  Pertini all’ultimo dittatore Bignone che rispose “sono  morti”  alla sua richiesta di informazione sui desaparecidos .

Gli argentini nell’ottobre dell’83 aspettavano il terzo peronismo, il peggiore della storia, quello di Herminio Iglesias , che bruciava bare con il simbolo radicale e propugnava il patto militar sindacale…vince invece questo avvocato baffuto, un po’ grigio che aveva sempre lottato per i diritti umani e che per la prima volta nella storia argentina mise i militari golpisti sul banco degli imputati.anche se poi dovette venire a patti con loro subendo le leggi dell’obbedienza dovuta  e del punto finale * brutte  ombre in una presidenza moralmente piena di luce…Suo fu il Nunca Màs, ormai simbolo della lotta all’orrore

Alfonsìn lottava fino a quando vedeva che non era più possibili andare oltre, non era un ideologo ma un pragmatico, pensò non fosse possibile andare oltre con i militari ancora armati e pieni di odio e di terrore….sbagliò ma non era facile non farlo…Fu acclamato fino all’87 e insultato nell’89 quando dovette lasciare in anticipo la presidenza a Carlos Menem …la iperinflazione lo aveva messo in ginocchio, una iper anche aiutata dai poteri forti locali e non solo.

Se  ne andò da galantuomo in taxi come il suo predecessore Ilia,  lasciando una eredità che ancora oggi permette al paese di essere democratico pur tra mille difficoltà.

 

Ho molto ammirato e voluto bene a don Raùl  e ricordo con orgoglio la simpatia che mi dimostrò in molte occasioni.

Un giorno, lui già ex presidente, mentre stavamo passeggiando nel centro di Roma ci avvicinò un giovane paraguayano, si presentò e gli disse: Presidente non sia triste, la storia le riconoscerà quello che lei ha fatto…don Raùl gli sorrise e lo abbracciò.

 

Giorgio De Lorenzi

 

* la decada infame è considerata quella dal 1930 al 1943 (!) periodo di brogli elettorali di governi oligarchici.

 

 

** leggi che davano impunità a coloro che avessero commesso crimini loro ordinati da superiori e che amnistiava i crimini non denunciati entro una certa data. Legge abrogate dal governo attuale,

Peron e il 17 ottobre 1945

SOCIETA’ ITALIA ARGENTINA
 
LETTERA INFORMATIVA OTTOBRE 2012 IX
 
 
17  OCTUBRE  1945 “GIORNO DELLA LEALTA’ POPOLARE”
 
 
67 ANNI FA JUAN PERON FU RIMOSSO DAL MINISTERO DEL LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE E INCARCERATO.
IL 17 OTTOBRE  1945 UNA MANIFESTAZIONE POPOLARE DI MASSA A SUO FAVORE RAGGIUNSE IL SUO APICE
DAVANTI ALLA CASA ROSADA – PALAZZO PRESIDENZIALE – CON CENTINAIA DI MIGLIAIA DI OPERAI.
IL PRESIDENTE DE FACTO FARREL LIBERO’ PERON CHE ANNUNCIO’ LA SUA CANDIDATURA ALLE PRESIDENZIALI
DEL 1946 CHE VINSE RINNOVANDO IL MANDATO NEL 1951.
NEL 1955 UN COLPO DI STATO CHIAMATO RIVOLUCION LIBERTADORA LO OBBLIGA ALL’ESILIO DAL QUALE TORNERA’
NEL 1973 QUANDO SARA’ RIELETTO, UNICO CASO NELLA STORIA ARGENTINA,  PER  LA TERZA VOLTA ALLA PRESIDENZA.
MUORE IL 30 LUGLIO DEL 1974.

festa degli italiani a buenos aires

SOCIETA’ ITALIA ARGENTINA

LETTERA INFORMATIVA OTTOBRE 2012 VII

Buenos Aires Ciudad Haciendo Buenos Aires

Buenos Aires Celebra Italia

14 de Octubre
Av. de Mayo y Bolívar
12:00 Hs.
Este domingo, la ciudad homenajea a la colectividad italiana en el marco de un nuevo Buenos Aires Celebra,

que se realizará en la tradicional Av. de Mayo. Vení a disfrutar de la gastronomía, espectáculos y toda la propuesta

cultural de Italia. ¡

La Dirección General de Colectividades de la Subsecretaría de Derechos Humanos y Pluralismo Cultural de la ciudad,

junto con una comisión de federaciones e instituciones de la colectividad italiana, organizarán el evento

Mirá las imágenes

Disfrutá los videos

Buenos Aires Ciudad Haciendo Buenos Aires

La base monetaria argentina, record

Società Italia Argentina

 

Lettera Informativa ottobre 2012 VIII

 

 

Cuestión de pesos: la Argentina, el país del efectivo

La base monetaria creció 41,9% en un año y los dólares se fueron de los bancos; la liquidez presiona sobre el tipo de cambio y podría acelerar la inflación

Por Diego Cabot  | LA NACION

 

 

 

Cuando los economistas hablan de M2 no se están refiriendo a un agente de inteligencia camuflado detrás de una sigla ni tampoco a un nuevo modelo de un automóvil pronto a ser estrenado. Para los economistas, M2 es una sigla que se refiere a la cantidad de dinero en circulación, a la que se deben sumar las cajas de ahorro que hay en los bancos.

A casi un año del cepo cambiario , el M2 privado -dejando de lado todo el sector público- se ha convertido en una de las principales variables que miran todos los que siguen la economía.

¿Dónde radica la importancia de seguir el movimiento del M2? De aquí puede calcularse la cantidad de dinero que está en poder de los ciudadanos. Y de allí vaticinar dónde terminará.

Ahora bien, el M2 ha subido a un ritmo vertiginoso. La famosa maquinita no para. Según datos del Banco Central, la base monetaria se expandió 41% interanual en términos nominales, y si se toma el aumento real estaría 29% más alta que el año pasado. Los pesos inundaron el país. Y a eso se suma que es la Argentina, fuera de Estados Unidos, donde los habitantes tienen mayor cantidad de dólares per cápita. Y justamente aquí está la gran pregunta. ¿Qué harán los argentinos con semejante cantidad de efectivo?

Las respuestas no son del todo alentadoras. Según varios economistas consultados por LA NACION, parte de ese dinero irá a parar al consumo y otras porciones terminarán en ahorro e inversión.

Pero eso no es todo. Finalmente hay coincidencia en que habrá algo que terminará calentando la inflación y presionando la brecha cambiaria que existe entre el dólar oficial, prácticamente inexistente para el ciudadano de a pie, y el paralelo.

Todo empezó hace casi un año, cuando el Gobierno amaneció después de las elecciones -que determinaron un 54% de votos a favor de la presidenta Cristina Kirchner- con las primeras restricciones al mercado de cambios.

Y si bien el malhumor se plantó enseguida en la cara de empresarios y particulares que prefieren el dólar como refugio de sus ahorros, los efectos económicos de las medidas recién se pueden empezar a medir con el paso del tiempo.

Desde entonces, la economía ya no fue la misma. De acuerdo con un informe de Quantun Finanzas elaborado sobre la base de datos del Banco Central y del Instituto Nacional de Estadística y Censos (Indec), el M2 total (que incluye los depósitos del sector público y del privado) creció 35% interanual, mientras que el privado aumentó 32 por ciento. En ese período el índice de inflación fue de 23 por ciento.

Martín Redrado, ex presidente del Banco Central y actual árbitro de la Organización Mundial del Comercio (OMC), dice que la expansión de la base monetaria es la principal consecuencia que actualmente se puede ver desde los inicios del cepo cambiario. “El Banco Central es el generador principal de los desequilibrios que se están dando. La oferta monetaria está por encima de la demanda de pesos que hay en el mercado. Y eso se da porque la cantidad de dinero que se emite no se decide por las necesidades monetarias sino de acuerdo con lo que requiere el fisco”, explica desde su experiencia de haber sido el mandamás monetario argentino durante el kirchnerismo.

Daniel Marx, director ejecutivo de Quantum Finanzas y ex secretario de Finanzas, en un trabajo preparado junto con Virginia Fernández y Diego Chameides, dice que en la Argentina hay un crecimiento particular de billetes y monedas en poder del público y, además, una pérdida relativa de cuentas corrientes y cajas de ahorro.

El trabajo da cuenta de que esta preferencia por la liquidez no bancaria aún no se ha trasladado a precios de bienes y servicios. “Hay una situación paradójica: la incertidumbre económica actúa como un freno a corto plazo. ¿Qué significa? Que como no está claro qué va a pasar, la gente prefiere quedarse con los pesos hasta que despeje el panorama. Esta suerte de miedo a lo que podrá pasar finalmente termina favoreciendo al Gobierno, ya que los pesos no siguen presionando la economía”, dice Marx.

Quantum agrega un dato sobre la base de las estadísticas del BCRA. Los billetes y monedas en poder del público, medidos como porcentaje del total de las cuentas a la vista, rondaron un promedio de 95% entre enero de 2010 y octubre de 2011. Desde octubre de 2011, cuando se instauró el cepo cambiario, ese porcentaje se elevó a 103 por ciento. “Eso significa que la gente está en pesos porque no tiene alternativa, pero no está claro que quiera permanecer en esta moneda”, dice Marx.

¿Por qué son importantes estos números? Rodolfo Rossi, otro ex presidente del BCRA, dice que el crecimiento de la base monetaria estaría determinando una inflación cierta del 35 % anual, en términos generales. “Todos los agregados monetarios crecieron alrededor de esa cifra”, agrega.

Dinero para todos

El fenómeno de la sobreoferta de moneda física bien se puede cuantificar. Sólo por poner un ejemplo, según publicó LA NACION el martes pasado, en mayo el circulante creció en seis millones de ejemplares por cada día hábil.

El informe de Marx explica qué pasa cuando el Gobierno enfrenta los síntomas sin cuestionar las causas de las salidas de capitales. “Entonces se adquiere un comportamiento defensivo tendiente a reducir el acceso a moneda extranjera a medida que se potencia una noción de escasez y diferenciales de tipo de cambio. Ello redunda en un particular funcionamiento económico retrayendo la actividad del sector privado, a la vez que genera reacciones de segmentos de la población”, concluye.

¿Cuáles son esas reacciones de la población a las que se refiere el trabajo? Nadie se atreve a dar certezas, pero todos creen que semejante cantidad de dinero bien podría terminar por alimentar la inflación.

Redrado apunta que en primer lugar parte del dinero irá a parar a bienes durables. Electrodomésticos, computadoras, teléfonos celulares y hasta consumo en comunicaciones son rubros que tendrán más movimiento. De hecho, según cifras del sector, actualmente crecen a tasas cercanas al 35 por ciento.

Quienes miran el consumo, y sobre todo alimentos y bebidas, también tienen expectativas favorables. Claro que esto no es gratis. La mayor oferta de bienes en un escenario de incertidumbre en el que la inversión no acompaña al mismo ritmo genera inflación. “No hay riesgos de espiralización, pero hay que prepararse para un rango de inflación de alrededor de 27 o 28 por ciento. Esperamos un escalón más arriba”, dice Redrado. Marx coincide: “Cepo cambiario y restricciones a las importaciones forman una suerte de olla a presión. Habrá más inflación, más emisión monetaria y eso aumentará el malestar social y desgastará la gobernabilidad”.

Pero claro, el consumo se satura y no es posible que pueda absorber la cantidad de billetes que salen a circular a diario. “Algo de esos pesos irá a ahorro y otra parte, a inversión. Hay un reverdecer de la construcción, de gente que tenía un terreno y que ahora construye porque se paga todo en pesos. Pero hay una parte que se irá a inflación y otra parte que alimentará la brecha cambiaria, sobre todo a fin de año, cuando la gente empieza a ver qué hacer en vacaciones”, estima.

Ramiro Castiñeira, de Econométrica, suma un dato: a los pesos en efectivo que pululan por el país se suma una enorme cantidad de dólares que también huyeron del sistema bancario. En las últimas dos décadas los argentinos ahorraron 191.000 millones de dólares. Más o menos la mitad en cada década. Ese dinero se fue de los bancos al punto de que sólo poco más que 8000 están en el sistema financiero”, explica.

Dice que esto no se debe a un problema de los ahorristas con el Gobierno. “El sector privado se dolariza siempre”, resume, y no explica demasiado. Prefiere enumerar algunos mojones de la historia económica argentina: el rodrigazo (1975), la tablita (1978), las hiperinflaciones (1989 y 1990), el plan Bonex (1990), el corralito, el corralón, el default (2001 y 2002), y desde hace unos años nuevamente la inflación y ahora las restricciones al mercado de cambios. “¿Cómo quiere que un ahorrista se quede en pesos? Siempre la opción es ahorrar en dólares y sin intermediación”, reflexiona.

Las consecuencias son más. Una economía inundada de pesos y dólares que no pasan por el sistema financiero genera una cantidad de transacciones que se vuelcan al efectivo. Desde un entidad bancaria reconocieron que se empezaría a ver una contracción de los pagos con tarjeta, ya que mucho se transa en efectivo. Pero el movimiento aún es incipiente, ya que las promociones de los plásticos atraen a los consumidores. Son datos que asoman en un panorama. Por ahora, la única certeza es que tantos pesos circulando dan una sensación de riqueza efímera. Y también generan más inflación

Nunca mas – per non dimenticare Intervento Ministro degli Esteri

 

 

Intervento del Ministro degli Esteri  Terzi

al Colloquio sulla storia argentina negli anni dal 1974 al 1983

« L’ALTRO IERI, LA DITTATURA: PER NON DIMENTICARE»

 
 
Roma 13 Settembre 2012

 
 

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)

Ringrazio molto il Dottor Roberto Da Rin per aver accettato di moderare questo incontro. Ringrazio anche tutti i relatori e la Compagnia Assemblea Teatro per la collaborazione.

E’ con una certa emozione che intervengo a questo convegno, che ho voluto ospitare al Ministero degli Esteri. In queste occasioni, quando si ricorda un periodo storico si tende a celebrarne i successi, evitando di rievocare il dolore delle tragedie. E’ umano. Perché il ricordo dei trionfi è piacevole, mentre quello delle tragedie non è mai indifferenza: suscita sempre coinvolgimento emotivo, rievoca sofferenze mai sopite.

Promovendo l’organizzazione di questo “colloquio”, sapevo invece che avremmo utilizzato il linguaggio del cuore, quello delle emozioni. Tanto più che, dal punto di vista storico, è passato in realtà solo un attimo, da quei tragici eventi in Argentina. I ricordi sono ancora “dell’altro ieri”, come evoca in modo eloquente il titolo del convegno. Mentre le atrocità della dittatura furono mostruose, chiamando alla responsabilità storica e penale chi le commise, e a quella morale chi fu indifferente per tornaconto o semplice vigliaccheria. Perché – come ha detto il Premio Nobel per la Pace, Elie Wiesel – “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima, e il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato”.

Coloro che restarono in silenzio o indifferenti furono “complici del silenzio”- come sottolinea il titolo di un bel film di Stefano Incerti. Un silenzio che talvolta finì per ritorcersi contro gli stessi complici. Non so se sia stata effettivamente pronunciata la dichiarazione attribuita al Generale Videla, ma certamente essa coglie il senso e la prospettiva di quei tragici giorni: “Inizialmente elimineremo i rivoluzionari, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti ed infine gli indecisi”.

Mentre molti in tutto il mondo tacevano o minimizzavano, 30.000 civili – e tra loro almeno 1.600 cittadini italiani – venivano torturati, trucidati, a volte gettati vivi dagli aerei nell’oceano, fatti sparire. Alle madri si chiedeva quanto di più disumano: dimenticare i propri figli desaparecidos. Ma tante madri coraggiose non si rassegnarono, scesero in Plaza de Mayo e con i fazzoletti bianchi annodati sulla testa fecero conoscere al mondo l’atrocità del regime. Una di loro, la Signora Tati Almeida, ci onora oggi con la sua presenza. A lei e a tutte le altre madri coraggiose rivolgo la mia ammirazione e solidarietà. Hanno toccato tutti noi le parole della Signora Almeida. E ci ha colpito per la sua drammaticità il brano di Massimo Carlotto sul coraggioso e tragico esempio delle madri di Plaza de Mayo. Ma potremmo stare ore ad ascoltare altre storie agghiaccianti, come quelle di dipendenti di multinazionali trucidati dopo essere stati denunciati ai militari dalle compagnie per le quali lavoravano.

La crudeltà di queste storie ci fa sentire ancor più forte e profondo il desiderio di verità e giustizia. La giustizia deve fare il proprio corso non certo per perseguire rancorose vendette, ma per restaurare la verità, punire i colpevoli di crimini contro l’umanità, tener vivo il ricordo delle vittime e facilitare così il processo di riconciliazione. Questo è lo spirito che anima l’impegno del governo italiano e mio personale. Un impegno rafforzato dalla decisione del governo italiano di costituirsi parte civile nei processi avviati in Italia contro i militari argentini.

Alcuni di questi processi sono terminati, altri sono in fase avanzata. Vorrei ricordare il procedimento penale che vede imputati per omicidio volontario, aggravato dall’uso di sevizie e abuso di potere, il dittatore Jorge Videla e altri. Un altro processo, quello contro i generali Suarez Mason e Santiago Omar Riveros, si è concluso con la sentenza di condanna all’ergastolo della Corte di Assise di Roma. E ancora un altro processo, per crimini commessi presso la Scuola Meccanica della Marina (ESMA) da diversi carnefici, fra i quali il famigerato Alfredo Ignacio Astiz, ha portato alla condanna all’ergastolo di cinque imputati. Proprio nei locali dell’ESMA tra pochi giorni gli amici della Compagnia Assemblea Teatro organizzeranno un emozionante spettacolo dall’alto valore simbolico.

La coerenza dell’impegno del Governo italiano è confermata dalla piena cooperazione con le autorità argentine, tradottasi l’anno scorso in un’importante intesa. L’accordo tra i due Governi consente la trasmissione alle autorità argentine di copia delle documentazioni presenti negli archivi diplomatico-consolari italiani in Argentina e relative a cittadini italiani, doppi cittadini e cittadini di origine italiana vittime del regime militare argentino. Per facilitare il lavoro è stata anche istituita una Commissione tecnica italo-argentina. La mole di materiali è ingente: sono più di 5.000 i documenti consolari contenuti in centinaia di fascicoli personali. Ma sono sicuro che la decisione di aprire i nostri archivi in assoluta trasparenza contribuirà alla ricerca della verità – senza riserve – su quegli anni terribili.

C’è anche un altro motivo per cui avverto una certa emozione intervenendo a questo convegno. I tragici eventi della crisi argentina coincisero con i miei primi anni nella carriera diplomatica. A quel tempo, più di una volta mi chiesi la ragione per la quale l’Italia tenesse una posizione defilata nella crisi argentina, mentre svolgeva un ruolo di primo piano nella condanna di numerosi casi di violazioni di diritti umani: dal golpe cileno all’apartheid alle limitazioni alla libertà dei regimi di oltre cortina.

Ero fermamente convinto, e lo sono tuttora, che nessuna ragion di Stato possa mai giustificare un atteggiamento di passivo distacco dalla repressione violenta dei diritti umani. La difesa delle libertà fondamentali di ogni essere umano, e in primis dei nostri connazionali, deve costituire una priorità assoluta e irrinunciabile della politica estera italiana. Nelle funzioni che ho l’onore di ricoprire, avverto fortemente questa responsabilità di proteggere i più vulnerabili.

I documenti diplomatici del tempo dimostrano che ci furono alcuni eccessi di prudenza di istituzioni italiane. Ma anche coraggio, generosità, grande spirito di umanità di alcuni diplomatici italiani. Funzionari che si prodigarono personalmente per far comprendere a Roma la sanguinaria situazione nel Paese e per assistere i tanti perseguitati. Voglio oggi manifestare la mia gratitudine a questi colleghi straordinari, alcuni dei quali sono in sala oggi, seduti qui tra noi. Grazie a loro molte vite furono salvate e tante vittime non si sentirono abbandonate in un mare di assurda violenza e di atroce indifferenza.

Il loro esempio rafforza l’impegno della Farnesina e mio personale perché la memoria di quel tragico periodo non sia perduta; perché le regole della geopolitica non siano mai applicate a danno della legalità e dei principi universali di convivenza; e perché la coscienza collettiva e personale di quegli anni serva ai ragazzi della vostra età come monito e incoraggiamento alla difesa della dignità umana, ovunque essa sia ferita o minacciata. I valori di libertà e democrazia, che fondano la nostra Costituzione, sono i cardini della politica estera italiana e ci spingono a operare perché tragedie del genere non si ripetano mai più.

 
 

La Fragata Libertad sotto sequesto in Ghana

 
 
Società Italia Argentina
 
Lettera Informativa ottobre 2012 VI
 
La fragata Libertad sotto sequestro in Ghana
 
La Fragata LIBERTAD, bellissimo veliero  della marina militare argentina, è bloccata dal 2 ottobre  in Ghana sotto sequestro giudiziario ordinato
dalla magistratura locale su istanza di un tribunale di New York che ha accolto una richesta di un fondo USA detentore di titoli argentini in default
( i cosidetti fondi buitre – avvoltoi – ).
La Libertad – con oltre 350 persone a bordo – è nave militare e come tale rientrerebbe nella non sequestrabilità in base a convenzioni internazionali.
 
Il fatto , a parte una sua certa scenograficità e il costo di 50 mila dollari al giorno per diritti portuali, ha una grande rilevanza in quanto potrebbe essere
il motore primo di una serie di sequestri di beni pubblici argentini nel mondo su richiesta dei detentori di titoli argentini
che non sono rientrati nelle due negoziazioni del 2005 e 2010.
 
L’ Argentina dopo alcuni frustrati tentativi diplomatici ha inviato in Ghana i viceministro degli esteri e della difesa per cercare di sbloccare la situazione.
 
 
 
 
.